Oftalmopatia Basedowiana

News: Ha partecipato allo studio sperimentale internazionale sul Teprotumumab nel trattamento dell’Oftalmopatia Basedowiana Attiva come Principal Investigator per la sede italiana di Pisa. L’Oftalmopatia Basedowiana Attiva risulta a oggi non adeguatamente trattata. Le attuali terapie, tra cui la terapia cortisonica, hanno efficacia limitata e presentano diversi effetti collaterali. Questo studio clinico ha evidenziato come il Teprotumumab sia efficace nell’attenuazione della risposta infiammatoria autoimmune tipica di questa patologia e nella riduzione della proptosi. I dati ottenuti sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=antonelli+alessandro+New+Eng%C3%B2).

Il Teprotumumab è stato recentemente approvato per la terapia dei pazienti con Oftalmopatia Basedowiana Attiva in USA dalla FDA.

 

 

 

Il morbo di Basedow è una malattia che può insorgere a qualunque età ed in entrambi i sessi, anche se colpisce preferenzialmente donne di età compresa fra 20 e 60 anni. Tale malattia può colpire, oltre alla tiroide, anche la cute e gli occhi.
Sebbene la causa di questo quadro morboso sia ancora sconosciuta, diversi studi hanno evidenziato che le alterazioni del sistema immunitario hanno indubbiamente un ruolo rilevante nella sua patogenesi. Nella malattia di Basedow invece l’organismo produce autoanticorpi che attaccano la ghiandola tiroidea, la cute degli arti inferiori e gli occhi, determinando l’insorgenza dei sintomi caratteristici della malattia.

Le alterazioni oculari

Quando il morbo di Basedow colpisce gli occhi si parla di oftalmopatia basedowiana. Va sottolineato che la comparsa delle manifestazioni a livello oculare non è necessariamente in rapporto allo stato della funzionalità tiroidea. Infatti l’oftalmopatia può comparire anche dopo la regolarizzazione della funzione della tiroide o, in alcuni casi, anche in soggetti senza sintomi sistemici dovuti all’ipertiroidismo.
I segni oculari notati nei pazienti con tireotossicosi comprendono sguardo fisso, rarità dell’ammiccamento, retrazione delle palpebre, chemosi e rossore congiuntivale che producono sintomi quali dolori dell’orbita, lacrimazione, irritazione e ipersensibilità alla luce (fotofobia). L’oftalmopatia infiltrativa è l’evoluzione più seria e specifica della malattia in oggetto ed è caratterizzata da ispessimento del tessuto retrobulbare che causa protrusione degli occhi verso l’esterno (esoftalmo) e l’aumento dello spazio fra la palpebra superiore e quella inferiore. In seguito allo stato infiammatorio dei muscoli extraoculari possono insorgere anche astenia e fibrosi di alcuni di essi: tali esiti possono portare alla visione offuscata e alla visione doppia (diplopia).
Nei pazienti oftalmopatici il bulbo oculare tende quindi a protrudere all’esterno dell’orbita a causa dell’accumulo di liquido e di grasso nella zona retrostante il bulbo. Quando si verifica questo, i tessuti e i muscoli extraoculari aumentano di dimensioni, per cui l’occhio tende a muoversi nella parte esterna dell’orbita. In questo modo, non riuscendo l’ammiccamento palpebrale ad umidificare l’occhio per l’eccessiva protrusione dello stesso, possono insorgere danni a carico della cornea e della congiuntiva.
In alcuni pazienti i primi sintomi a manifestarsi sono quelli dell’oftalmopatia, mentre in altri possono insorgere prima i disturbi sistemici dovuti all’ipertiroidismo.
In circa il 5% dei pazienti oftalmopatici, i muscoli extraoculari ingrossati ed il grasso retrorbitario possono comprimere il nervo ottico e, alla lunga, portare ad una progressiva perdita del visus: in questi casi si parla di neuropatia ottica. Fra gli esami diagnostici, utili per individuare un’eventuale compressione del nervo ottico, i più importanti sono l’ecografia oculare, la tomografia assiale computerizzata (TAC), la risonanza magnetica nucleare (RMN), gli esami elettrofisiologici (potenziali evocati visivi, elettroretinogramma) e il campo visivo.

Terapia

La terapia dell’oftalmopatia varia in relazione alla gravità e al tipo di sintomi accusati dal paziente.
Chiaramente il primo stadio del trattamento dei pazienti con ipertiroidismo sarà rivolto al riequilibrio della funzione ormonale. Il medico curante ha a disposizione essenzialmente tre alternative terapeutiche per trattare i disturbi sistemici determinati dall’ipertiroidismo:

  • utilizzo di farmaci che bloccano l’azione degli ormoni tiroidei;
  • trattamento con iodio radioattivo che si accumula nell’ambito del tessuto tiroideo distruggendone notevoli quantità;
  • intervento chirurgico con lo scopo di rimuovere parte o tutta la ghiandola iperfunzionante.

Normalmente i segni infiammatori oculari presentano un esordio, un acme ed una fase di remissione. La terapia viene intrapresa quando i sintomi sono invalidanti o possono portare a grave compromissione visiva. In questi casi è necessario fare ricorso alla terapia medica volta a far regredire la flogosi o a provvedimenti chirurgici volti a ripristinare uno stato estetico e funzionale accettabili.

Terapia medica

Le forme più lievi di oftalmopatia non vengono trattate: in questi casi può essere sufficiente l’utilizzo di un paio di occhiali da sole o l’uso di lacrime artificiali sotto forma di collirio o gel per umidificare l’occhio.
Nei soggetti con oftalmopatia può essere indicato l’uso di farmaci steroidei o la radioterapia.
Nei casi che presentano diplopia si rende utile la prescrizione di lenti prismatiche per gli occhiali. Tali prismi possono essere montati a permanenza o solo temporaneamente sulle lenti ma, qualora non bastino a correggere la diplopia, è necessario intervenire chirurgicamente sui muscoli extraoculari.

Terapia chirurgica – Intervento chirurgico di decompressione

Lo scopo della chirurgia decompressiva è quello di rimuovere la parete ossea situata fra l’orbita e gli spazi sinusali in modo da aumentare lo spazio a livello orbitario per il bulbo oculare che può così rientrare all’interno dell’orbita stessa. L’intervento chirurgico di decompressione è indicato in caso di neuropatia ottica da compressione, in caso di grave esoftalmo e in caso di severe alterazioni a carico della cornea conseguenti al ridotto ammiccamento.

Chirurgia dei muscoli extraoculari

La visione doppia si verifica in quei casi in cui gli assi visivi dei due occhi non sono allineati. Tale alterazione è causata da uno o più muscoli oculari (di solito il muscolo retto inferiore) che sono interessati da una contrattura fibrosa come conseguenza delle alterazioni indotte dall’infiammazione e dall’edema dei muscoli stessi.
La chirurgia dei muscoli extraoculari tende ad eliminare la diplopia nello sguardo diritto in avanti e nella lettura.
Se è indispensabile effettuare sia la decompressione che l’intervento sui muscoli extraoculari, comunemente viene eseguita prima la decompressione.

Chirurgia palpebrale

I pazienti oftalmopatici presentano usualmente un’apertura della rima palpebrale superiore al normale per cui la superficie anteriore dell’occhio può risultare eccessivamente esposta con conseguente lacrimazione eccessiva e irritazione. Il riposizionamento chirurgico delle palpebre può ridurre lo stato irritativo.
Può essere inoltre utile effettuare, soprattutto per motivi estetici, un intervento di blefaroplastica: questo tipo di intervento ha lo scopo di rimuovere il grasso in eccesso a livello periorbitario contribuendo così al miglioramento dell’aspetto esteriore del paziente.
Quando indicato, si dovrebbe intraprendere un procedimento di decompressione orbitaria prima della chirurgia dello strabismo o della palpebra, poichè la decompressione può alterare l’allineamento oculare e la posizione palpebrale.

Effettuare controlli periodici dall’endocrinologo, consente di monitorare la situazione clinica dei pazienti affetti da Oftalmopatia e migliorarne le condizioni di salute.

Dott. Antonelli Alessandro
Direttore S.D. Medicina Interna ad indirizzo Immuno-Endocrino, AOUP, Università di Pisa.


Medico della tiroide a Pisa, per informazioni chiamare il 335 344701 o scrivere a info@antonelliendocrine.it

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